ASIAN STUDIES GROUP

venerdì 19 ottobre 2007

Political revolution in Italy. PD: a new opportunity for foreigners

On the following you can read Marco Wong's contribution published on Corriere Asia before DP primary elections on last 14th October. Wong explained to us how DP allowed to foreigners to take part in a new prospective on italian political and instituional scene. He pointed out on the focus of attention the start of a new work and collaboration's group called Origine X, which foreigners, almost chinese, taked part to get a new opportunity to esxpress their necessities.
So you can easily understand by following interview the importance of this Group within Gawronsky political list in the DP.
Wong thinks that Origine X and Gawronsky's contribution rapresent a new atmposhere on social and political background in Italy.

Verso le primarie: al Partito Democratico una lista che da voce agli stranieri


OrigineX, questo il nome di un vero e proprio "movimento d'opinione" dalla sensibilità multietnica, creato con la funzionalità politica d'appoggio alla candidatura di Piergiorgio Gawronski alle primarie del nascente Partito Democratico.
La X che ritroviamo provocatoriamente nel nome di questo gruppo richiama, secondo i promotori, il carattere d'anonimato a cui spesso la comunità di extracomunitari è soggetta. Un silenzio tra l'altro riconducibile anche alla dimensione di partecipazione politica oltre che sociale. La finalità del movimento, così come la partecipazione diretta nella lista Gawronsky mira, difatti, nel rispondere ad un vuoto di dialogo costruttivo fra la comunità di cittadini extracomunitari, regolarmente residenti in Italia, e la società italiana, attraverso un sistema non solo dal valore culturale ma soprattutto politico e istituzionale.

Abbiamo incontrato Marco Wong, uno fra i coordinatori di OrigineX e abbiamo cercato di capire con lui il perché di una lista formata tutta da cittadini stranieri in appoggio al nascente Partito Democratico.

Paolo Cacciato: Sig. Wong, perchè creare una lista di stranieri per le elezioni del partito democratico?

Marco Wong: L'idea è nata dalla constatazione che a tali elezioni possono votare e candidarsi anche i cittadini stranieri. Ho pensato che questa fosse una buona occasione per mostrare che le comunità straniere sono interessate a partecipare alla vita democratica italiana, e per creare comunque interesse alle tematiche che riguardano gli immigrati in Italia, che oramai raggiungono circa tre milioni di persone ma che non hanno nessun tipo di effettiva rappresentanza nella nostra società.

P.C.: Eppure da quello che risulta in questa lista rientrano solo nomi di immigrati cinesi. Come mai?

M.W.: Non è stato assolutamente intenzionale. Ho provato a chiedere a rappresentanti di altre comunità, ma i tempi tecnici cortissimi non mi hanno consentito di trovare altri immigrati stranieri che volessero unirsi a noi. E' indubbio però che lo spirito con cui origineX e la lista medesima sono nate risponde appieno ad un bisogno di riconoscimento e di pubblica partecipazione condivisibile nell'esperienza non solo delle comunità cinese, ma propria di qualsivoglia realtà di immigrati impiegati lavorativamente e anche socialmente a pieno regime nel nostro Paese.

P.C.: Perché l'appoggio politico alla figura di Piergiorgio Gawronski alle primarie del Partito Democratico del prossimo 14 ottobre?

M.W.: Per diverse ragioni, innanzitutto per la sua disponibilità a recepire nel suo programma le nostre istanze, e soprattutto per una sintonia che si è venuta a creare, forse dovuta al fatto che anche lui è di origini straniere, cosa che rende tutta l'iniziativa ancor più simbolica. Abbiamo tenuto conto, poi, del fatto che Gawronski ha sempre operato professionalmente da outsider nel panorama politico italiano e che, ultimamente, come noi ha sentito la necessità di mettersi in gioco. Uno stimolo importante, perciò, che ci ha aiutati a riflettere sulla serietà e validità del suo programma.

P.C.: Nel vostro collegio ci sono dei big della politica del calibro di Rutelli e Santagata. Il vostro non è un tentativo un po' velleitario?

M.W.: Lo sarebbe se il nostro obiettivo fosse la conquista di un certo numero di delegati. La nostra iniziativa nasce in realtà dalla voglia di far partecipare persone che altrimenti non avrebbero mai la possibilità di esprimere la loro opinione in una votazione, e dall'esigenza di far conoscere le tematiche dell'immigrazione. Da questo punto di vista, direi che abbiamo già raggiunto molto di quello che ci prefiggevamo inizialmente.

P.C: Quali difficoltà avete incontrato in un'avanzata per certi aspetti rivoluzionaria sulla scena politica italiana?

M.W.: Di tutto, innanzitutto a trovare persone disposte a candidarsi. I cinesi in Italia sono per lo più piccoli commercianti, ed hanno paura ad esporsi troppo. Inoltre come outsider non abbiamo alle spalle la macchina organizzativa dei partiti e nemmeno la loro esperienza, e quindi abbiamo fatto moltissimi errori dovuti all'inesperienza.

P.C.: Entrando poi nello specifico sull'attività della vostra lista, quali sono i vostri punti programmatici?

M.W.: Per prima cosa, la revisione della legge sulla cittadinanza. L'attuale legge prevede infatti la possibilità di richiesta del riconoscimento di cittadinanza dopo dieci anni in Italia, la nuova proposta di legge che appoggiamo, prevede di portare tale periodo a cinque anni con un esame di conoscenza della lingua italiana. Ecco che proponiamo, inoltre, la definizione di criteri oggettivi, definiti a livello nazionale ed esami linguistici gestiti da enti terzi assieme a percorsi di conoscenza della lingua e della cultura italiana ed educazione civile. Segue poi la revisione dello ius sanguinis, la esemplificazione delle procedure per l'ottenimento del permesso di soggiorno, ma anche il rafforzamento dei programmi per la trasferibilità dei contributi versati in Italia a fondi pensionistici in altri paesi. A tal proposito ci terrei a sottolineare come molti immigrati, dopo un periodo lavorativo in Italia, ambiscano di fatto a ritornare nel proprio paese natio; è per questo che proponiamo la possibilità di riscattare i contributi italiani maturati o di trasferirli sui fondi pensione del proprio paese d'origine. Misura che riteniamo possa rappresentare non solo un riconoscimento d'equità sociale, ma anche un pragmatico stimolo ad uscire dalla spirale del lavoro nero, oltre che un incentivo a tornare nel proprio paese di origine senza aggravi per il sistema sociale italiano.

P.C.: Riguardo invece al dialogo culturale fra Italia ed immigrati?

M.W.: Abbiamo inserito nel programma il fermo interesse al rafforzamento di progetti di diffusione della cultura italiana all'estero, così come la valorizzazione della ricchezza potenziale che rappresentano gli immigrati in Italia nei confronti dei loro paesi d'origine,in una sorta di circolo virtuoso e sinergico fra lavoratori immigrati, co-protagonisti insieme ai cittadini italiani, e Paesi di provenienza. Lo scopo è quello di rendere la comunità internazionale e i Paesi d'origine consapevoli del movimento migratorio e attuare un'opera di coordinamento nello sviluppo interno di ogni singolo Paese.

P.C.: Che tipo di campagna elettorale avete fatto?

M.W.: Basata sul passaparola, molto elementare perchè il nostro target non ha mai avuto il diritto di voto e quindi facciamo molta informazione di base. Ma dal momento che uno dei nostri obiettivi era per l'appunto fare informazione direi che va bene così.

You can read entire article on the following link
http://www.corriereasia.com/_var/news/DWIHGYZ-EMCXGTZ-ZHP.shtml

Paolo Cacciato
CORRIERE ASIA

sabato 6 ottobre 2007

Italian Business must understand Chinese culture and management to improve itself


Here my last interview with Dr. Giorgio Secchi, a business man and consultant on economic and trade affairs in China. Secchi is also co-author of a recent specialist book about human resources and culture's differences in China. In particular, in his publication, Secchi helps us to think what do intercultural elements matter about business projects. He also presents to us his personal experience as Luxlife Company's president and gives several advices to approach in the better way chinese trade.

Guida al business. Un consiglio per il successo in Cina: umiltà e buonsenso con la controparte cinese.


Paolo Cacciato: Dott. Secchi, ho trovato particolarmente azzeccato il filo conduttore che stimola alla riflessione della presente pubblicazione di cui lei è co-autore. La Cina fra minaccia e opportunità è un'immagine che sicuramente accompagna l'ideale comune nel tentativo di relazione commerciale o di business in genere sul mercato cinese. Iniziando subito col presentare questo volume, può cercare di tracciare brevemente il carattere pragmatico e funzionale che la pubblicazione stessa intende rappresentare?

Giorgio Secchi: Diciamo che il volume non vuole essere una trattazione sui rapporti commerciali Italia / Cina, per cui non vi è un riferimento alla Cina come minaccia o come opportunità per le nostre imprese come normalmente accade nei tanti convegni e nelle trattazioni a cui assistiamo in questi ultimi anni.
Piuttosto l'idea è di fornire strumenti manageriali utili a chi vuole andare in Cina o che ha già una presenza nel paese; in quest'ottica il volume da una chiave di lettura diversa dalle solite: la cultura (in senso ampio) è un asset, se questo asset viene gestito in modo efficace esso diventa un'opportunità, se viceversa viene ignorato rischia di diventare una minaccia al corretto funzionamento del proprio business. Quindi si, la Cina è una minaccia per chi non riesce a capirne la complessità, ma è anche un opportunità per chi ottimizza la differenze culturali e anzi le rende un punto di forza per il proprio lavoro. Questo almeno è il messaggio che ci siamo ripromessi di proporre con il nostro libro. Il nostro lavoro è quindi volto a proporre una metodologia di analisi sul perché innanzi tutto vi siano determinate differenze, su come queste influenzino il comportamento "economico" ed infine si cerca di tracciare dei modelli di stili di gestione che tengano appunto conto di queste dinamiche culturali.

P.C.: Quanto, poi, parlare oggi di Cina come "minaccia" non fa altro che farci ripiombare nel luogo comune più consolidato degli ultimi anni e quanto poi il termine di "opportunità" può ormai andare stretto per un mercato in livello di saturazione su alcuni fronti e di modifica strutturale su altri, come quello cinese?

G.S.: Sono d'accordo. Oggi la Cina non è una minaccia visto che si muove in mercati in cui è presente da diversi anni e segue un modello di crescita ormai piuttosto prevedibile. Diciamo che è piuttosto minaccia normalmente pre-annunciata. Prova ne è il fatto che anche nei mercati più colpiti dal fenomeno cinese (vedi il tessile) c'è chi a suo tempo ha fatto i compiti a casa e si è potuto ritagliare una nicchia di mercato in termini di qualità, valore aggiunto, customizzazione, servizio al cliente, etc. dimostrando che la concorrenza alla Cina si può fare con successo; basta capire in che ambito farlo (in questo caso tecnologia e innovazione e non certo sui prezzi).
Stesso discorso per "l'opportunità". Se lei oggi va a Shanghai, a Pechino, a Canton trova una situazione dove è presente tutto e il contrario di tutto: dai servizi ai prodotti, alle mode, alla nightlife. Questo è emblematico di un paese dove il tempo delle grandi opportunità è ormai passato. I mercati si sono in buona parte strutturati e hanno aumentato la loro complessità, i players sono preparati e ben consci dei propri ruoli e delle proprie potenzialità, etc. Insomma, chi doveva entrare ormai lo ha già fatto da tempo.
Ecco perché noi ci siamo sentiti di dare una chiave di lettura al fenomeno cinese diversa. Abbiamo cercato di spiegare come ottimizzare un aspetto chiave del business, quello delle risorse umane, piuttosto che proporre una guida sul cosa fare e sul come fare business in Cina.

P.C.: Sono perfettamente convinto, tornando al titolo della pubblicazione medesima, che la diversità culturale, o meglio, la conoscenza della portata "alteritaria" del nostro interlocutore, sia esso commerciale o semplicemente relazionale, possa essere considerata uno strumento di grande efficacia nel business, non trova?

G.S.: Sicuramente mettere a proprio agio la persona con cui si sta interagendo è un principio base di ogni rapporto sociale, lo è poi ancora di più in situazioni in cui la differenza tra culture, abitudini, retaggio culturale e tradizioni porta spesso e volentieri a situazioni di incomprensione e quasi di disagio; cosa che spesso vediamo accadere in Cina tra personale locale e personale estero.
Credo che sia molto importante capire ad esempio che ci sta di fronte non sta necessariamente cercando di "fregarci" o di prendere tempo ma che forse più semplicemente non riesce a relazionarsi con noi perché stiamo comunicando con due lingue diverse (e non solo in senso stretto...) e quindi non capisce cosa deve fare o cosa ci si aspetta da lui. Se non si parte da questa idea che è molto umile ma anche molto semplice i rapporti tra personale cinese e personale straniero non saranno mai altro che muro contro muro. Se viceversa le persone che noi scegliamo per lavorare in Cina capiscono questa idea e se la fanno propria allora è facile aspettarsi una maggiore produttività e un maggiore attaccamento all'azienda da parte del personale cinese (che ad oggi in molte aziende non si fidelizza appunto perché non riesce a riconoscersi all'interno del sistema sociale "azienda").

P.C.: Crede a questo proposito, che l'imprenditoria italiana si sia servita poco, fino ad oggi di questa consapevolezza? Parlando da mediatore linguistico e culturale riconosco spesso una certa diffidenza da parte di uomini d'affari nell'affidarsi a chi ha fatto della "diversità culturale" il proprio terreno di specializzazione accademica e professionale e magari non dimostra immediata conoscenza delle dinamiche di business, d'investimento e di marketing. Cosa ne pensa?

G.S.: Io credo che l'imprenditoria Italiana abbia purtroppo sbagliato le tempistiche nel servirsi di figure quali il "mediatore culturale". Nei momenti in cui la Cina era agli albori della sua internazionalizzazione si è spesso optato per tecnici piuttosto che mediatori, e la scelta non ha premiato visto che la prima necessita allora era forse più costruire rapporti di relazione (diciamo politica) piuttosto che implementare progetti in loco. In tempi più recenti molte aziende si sono affidate a sinologi piuttosto che a manager temendo la grande diversità del paese e il problema della lingua. Se è vero che la complessità dell'ambiente lavorativo cinese negli ultimi anni è molto aumentata si capisce come non sia facile per una persona con preparazione non tecnica andare a fare lavori a volte estremamente tecnici e delicati.
D'altro canto il problema è anche più a monte: la formazione in Italia. Oggi dalle nostre università arrivano studenti molto preparati su cultura e lingua cinese, ma non su aspetti e problematiche del business; è comprensibile che tali figure facciano poi molta fatica una volta posizionati in Cina con responsabilità da manager o da tecnici. Altri paesi hanno invece puntato sul formare risorse in primis abili tecnicamente e preparate (magari successivamente) alla lingua e alla cultura cinese (cosa che sta facendo anche la stessa Cina fornendo corsi full immersion di lingua e cultura cinese).
Se facciamo fare al mediatore culturale il lavoro del commercialista, e al commercialista quello del venditore porta a porta nel Guangdong, non c'è da stupirsi che i risultati non siano dei migliori; ma la colpa non è certo del mediatore o del commercialista, è di chi non riesce a formarli in modo corretto per quello che il mercato richiede e di chi non riesce a collocarli nelle giuste posizioni perché ha una visione paese che non rispecchia le esigenze attuali.

P.C.: Riferendoci invece alla sua esperienza personale di uomo d'affari ma anche e soprattutto di "tecnico" in progetti di distribuzione, sourcing e penetrazione commerciale per conto di diverse aziende, quali elementi deboli da parte dell'imprenditoria nostrana ha notato e di riflesso quali considerazioni propositive l'hanno stimolata nel dar vita e a sostenere poi Luxlife, la sua azienda con sede a Shanghai?

G.S.: Penso che in primis ci sia troppo spesso da parte dei nostri imprenditori la tendenza a vedere l'opportunità (per rifarci al discorso di prima) sottovalutando le problematicità relative al paese. Come si diceva prima la Cina di oggi è un paese dove manca davvero poco, e quello che manca spesso manca per dei motivi (ad esempio sono prodotti o servizi che non piacciono, non interessano, o ancora vanno contro le logiche culturali cinesi). Per cui l'incipit di partire con un qualcosa che sicuramente deve funzionare perché "manca" è già (soprattutto se si arriva alla conclusione dopo pochi giorni di visita) quanto meno opinabile. Spesso poi le aziende nostrane invece di avvalersi di professionisti riconosciuti e con esperienza tendono ad affidarsi a figure poco preparare o addirittura a fare tutto da sole; se è vero che la Cina è un mercato complesso, errori derivanti da leggerezze iniziali si pagano cari prima o poi. Altro vizio tipico dei nostri imprenditori è poi quello di partire con un idea (valida o meno che sia) e poi nel tragitto lasciarsi entusiasmare da mille altre cose. Una start up in Cina richiede tempo e risorse più che in negli altri paesi, se non ci si focalizza al 100% il rischio di fallire aumenta esponenzialmente.
A fronte di queste riflessioni abbiamo cercato di impostare la nostra esperienza con Luxlife appunto limitando al minimo questo genere di rischi: ci siamo concentrati su un'idea che poteva essere interessante (importare mobili e design italiano in Cina), ci siamo presi i nostri tempi per analizzare se la cosa poteva stare in piedi oppure no, abbiamo fatto le dovute analisi in merito e alla fine siamo partiti con l'ufficio a Shanghai. Il tutto cercando sempre di rimanere non solo focalizzati sul mercato di riferimento ma sul particolare taglio di mercato che avevamo deciso di dare alla nostra azienda.

P.C.: Luxlife si occupa di lusso. Ha notato un incremento nella risposta del mercato cinese a questo settore? Rispetto ad altri marchi internazionali, il marchio italiano difende bene il proprio prestigio e riesce nel percorso di radicamento sul mercato o pecca in alcune dinamiche rispetto alla concorrenza? Penso ad esempio ai marchi del lusso francese per esempio.

G.S.: Sicuramente la Cina rappresenta oggi un mercato interessantissimo per le griffe del lusso, i numeri e le statistiche parlano da soli.
Quello che secondo me è interessante notare è che non tutto il lusso è visto allo stesso modo e ha quindi le stesse chances di successo. Ciò che è esibibile e riconoscibile sicuramente ha vita molto facile in Cina (visto che uno dei driver principali di acquisto del lusso è l'impossessarsi di uno status simbol da esibire piuttosto che,come succede in altri paesi, un meccanismo emozionale) cosa che quindi non sempre è vera per prodotti non facilmente riconoscibili (il mobile ne è un esempio) o di settori che non hanno avuto il giusto background storico (yachts) o ancora di quelli regolamentati (jet privati). Questo mi porta a pensare che senza un adeguato studio di prodotto e di mercato e su come veicolare il messaggio che si vuol dare al consumatore, anche il lusso in Cina non sia un settore di "opportunità" poi così scontato.
Sul discorso Italia la mia impressione è il nostro paese è senza dubbio simbolo per eccellenza di qualità e lusso; questo è sicuramente un grande aiuto per chi esporta ma certo non basta. Il consumatore cinese è sempre più attento ai prodotti e ai marchi e ha accesso a piazze come Hong Kong, Singapore, Milano stessa dove può poi andare a verificare se quello che viene proposto come lusso in effetti lo è o se come accade spesso è un prodotto qualunque spacciato come lusso per il mercato cinese. Ecco, in questo caso l'essere semplicemente italiani serve a ben poco (soprattutto nel lungo periodo).

The Interview continues on Corriere Asia, you can read entire article on the following link

http://www.corriereasia.com/_var/news/DWHIFFO-EMCAJHP-BFNN.shtml

Paolo Cacciato
CORRIERE ASIA

sabato 22 settembre 2007

Shinzo Abe: the last action


Tokyo: On the following comment you can read my opinion about Abe's failure. The article was published on Corriere Asia last week. It's a simple analisys on Shinzo Abe's series of mistakes by he gone up at the government in october 2006, after Koizume choice. It's really clear that his government was the first demostration about japanese political interest to make a new dialogue scene in Asia, almost with China partner. Was the first time for a japanese prime minister beginning his political and insitutional role with rapresentative visit in Beijing in front of Hu Jintao. It wasn't Washington, was China! But probably he wasn't skillful to consider that his political compages, inside LPD, will be not available for long time to support so particula prime minister's line.


TOKYO: Non è riuscito a spegnere la candela del proprio primo compleanno. Abe ha mollato prima. Molte critiche e da ogni fronte, dagli oppositori e dagli alleati. Non si può però contestare all'ex premier mancanza di convinzione nel tentare il possibile per salvare quanto abilmente condizionato negativamente per le sorti dell'esecutivo. Ripercorriamo un anno di dicharazioni, passi, tremori ed errori: una fotografia che può risonare come escalation di passi falsi.

Il commento: la fine di Abe, un disastro annunciato?



I segnali però c'erano tutti. Non solo i sondaggi in evidenza sulla perdita di popolarità del delfino di Koizumi alla guida del Paese dal settembre scorso, ma la prova più evidente della sfiducia popolare nel governo Abe è emersa in maniera incisiva durante la pesante sconfitta nelle ultime elezioni del 29 luglio scorso per il rinnovo della Camera Alta.

Ma Abe ha continuato a tener duro, ha messo a segno un rimpasto zoppicante, ignorando e lasciando dietro di sé episodi realmente spiacevoli che hanno segnato in una luce negativa l'operato dell'esecutivo: dalla scomoda affermazione del ministro Ministro della Sanità, Lavoro e Welfare Hakuo Yanagisawa, che definì le donne "macchine per fare figli", gettando nel polemico le poco presunte radici conservatrici di Abe, al suicidio dell'ex Ministro dell'Agricoltura Toshikatsu Matsuoka, lo scorso maggio, gesto che venne etichettato subito dall' "inerenza professionale" in seguito al ritrovamento di un vero e proprio testamento politico rilasciato dal suicida al primo ministro Abe, passando poi per le dimissioni dell'allora Ministro per la Riforma dell'Amministrazione, Genichiro Sata, travolto dallo scandalo di una società che avrebbe finanziato in nero la sua campagna durante le ultime elezioni, e poi come dimenticare lo scandalo caduto su un altro parlamentare, Masaaki Homma, capo della commissione governativa per le tasse, accusato dall'opinione popolare in seguito a molteplici appuntamenti con la sua amante in un appartamento governativo.

Ricordiamo poi alcuni gesti forti da parte dell'esecutivo di Abe, che non solo hanno lasciato perplessità fra le fila del pacifismo giapponese, ma si sono da subito contraddistinti per dubbia efficienza di mediazione su temi delicati come la creazione dell'esercito, il coinvolgimento al fianco dell'alleanza con gli USA o i rapporti con i vicini Paesi asiatici su questioni rimaste aperte in seguito al secondo conflitto mondiale: a tal proposito come tralasciare l'istituzione di un vero e proprio Ministero della Difesa, primo episodio di tal portata nella storia giapponese dal secondo dopoguerra ad oggi, alla guida di Fumio Kyuma, crollato subito nello scandalo per aver definito sotto termini di "necessità" l'intervento atomico americano, e screditandosi anche la vicinanza statunitense dopo alcune affermazioni critiche sulla gestione americana della "questione Iraq". Kyuma sostituito dalla rigorosissima Yuriko Koike, voluta appositamente da Abe come risposta giapponese alla Condi Rice americana, esperimento fallito e scordato nel rimpasto di poche settimane fa. E come dimenticare poi la serie scomoda di affermazioni dello stesso premier giapponese in merito "all'innocenza" dell'esercito nazionale nell'induzione forzata alla prostituzione delle prigioniere cinesi e coreani durante l'imperialismo nipponico in Asia.

Una serie continua di errori che hanno costato molto in termini di credibilità pubblica e di coesione politica. Abe , inoltre, pur affrontando un programma apprezzato dalla destra giapponese, quale l'avvio della creazione di un esercito nazionale, la programmatica modifica costituzionale, la riforma scolastica in un'ottica più nazionalista e rigorosa, non ha tardato a mostrare slanci riformisti rivolti ad un dialogo paritario con i partners asiatici, poco apprezzati alla linea più conservatrice dell'LPD; basti pensare all'infittirsi del dialogo sino giapponese, con le visite ufficiali di Wen Jiabao in Giappone o a al più recente incontro fra il ministro cinese della Difesa, Cao Gangchuan e la neo controparte giapponese Masahiko Komura. Viene meno così l'appoggio del leader conservatore e storico sostenitore della carriera politica di Shinzo Abe fin dall'epoca Koizumi ,l 'ex premier Yasuhiro Nakasone, che accusa Abe di pressappochismo politico e di nebulosità programmatica.

Paolo Cacciato
You can read entire article on www.corriereasia.com

giovedì 20 settembre 2007

The new airport terminal in Beijing: tradition and innovation to astonish the world


It's very clear the chinese purpose in occasion of next Olimpic Games in Beijing: to astonish whole world and confirm chinese entrance on international scene as best economic and strategic interlocutor. Several architectonic projects will be done on the next months and for the occasion has been recalled, by Beijing and central administration, most famous and prestigious design european companies. But It probably seems strange if we consider that "made in Italy"design wont' take part in these projects. And sure this "italian absence" could appear more particular if we remember that Italian companies have already confirmed by 2002 their interest on business about chinese olimpic games occasion. Why this absence? why this delay on business race in architectonic and design sectors?

Un nuovo aeroporto per le Olimpiadi: tanto feng shui e design made in Europe, non Made in Italy

PECHINO: Un gioiello dal valore di oltre 2,8 miliardi di dollari, spesi per metterne a punto soltanto la struttura principale e accessoriata da apparecchiature costate quasi altri 5 miliardi di dollari. Questa la spesa per dar luce al nuovo terminal 3 dell'aeroporto internazionale di Pechino, inaugurato la scorsa settimana e finalmente aperto alla stampa per visite e sopralluoghi.

Un'immensa struttura di vetro e acciaio con un tetto delicatamente inclinato posizionato per stupire tutti i viaggiatori che affolleranno la capitale in occasione delle prossime Olimpiadi. L'obiettivo dei preparativi della capitale cinese in vista della prossima estate è ormai più che chiaro: stupire, affascinare e rinnovare l'immagine comune, a volte stereotipata, di una Cina arretrata, affannosamente e innaturalmente fatta correre dietro ai ritmi dell'economia mondiale.

La Cina dimostrerà di essere tornata a rivestire i panni di vero "centro" nell'eccezionalità mondiale dell'evento olimpico-, spiega sicuro di sé Zhang Zhizhong, general manager nella Capital Airport Holding Co, alla stampa internazionale in visita al terminal. Tutti i preparativi sembrano convogliare sulla stessa finalità: tracciar eun profilo del Paese che sia indelebile nella storia, ancora più dell'importanza sportiva e ideologica della portata dei Giochi. Le Olimpiadi 2008 saranno il biglietto da visita di Pechino sullo scenario internazionale, l'occasione migliore per mostrare al mondo quanto la Cina ha costruito dal '78 ad oggi, senza dimenticare, forse, gli errori del passato, ma sicuramente con il pieno interesse ad offuscarli, mitigarli in un'aurea di rinnovato benessere e prestigio.

Questo nuovo terminal, che comincerà ad essere operativo già da febbraio, in un periodo finestra necessario per testarne la piena efficienza, presenta un sistema all'avanguardia nel trasporto dei bagagli, più veloce e sicuro, capace di ammortizzare il consistente flusso di passeggeri durante i giochi ed evitare fastidiosi rallentamenti su partenze e arrivi dovute spesso al carico e scarico delle valigie. Tutto automatizzato ed elettronicamente salvaguardato. Uomini e macchine inseriti in un ottimale contesto di sinergia lavorativa, atta a offrire un servizio efficiente e soprattutto veloce, hanno spiegato i tecnici. La struttura è poi collegata perfettamente per trasportare i passeggeri nel cuore della città attraverso un secondo rail terminal collegato alla struttura principale. Ogni ambiente sarà perfettamente e totalmente condizionato per favorire l'impatto più gradevole possibile con il clima cinese in una stagione, quella estiva, che come è risaputo, a Pechino è sempre molto calda.

Il design non è made in Italy. E' una firma british quella voluta dai cinesi per quest'opera: Norman Foster che in una recente intervista pubblicata sulla stampa cinese ha dichiarato di aver pensato alla struttura del nuovo terminal come alla fusione accattivante fra architettura della tradizione e new technology perfettamente inserita in un'armonia di spazi e luci. Un visione molto "feng shui" che i cinesi hanno apprezzato fin dall'inizio perché facilmente accostabile alla propria sensibilità e d' alta attrattività nel suo lato tecnologico. Un esempio di questo binomio? La struttura è sostenuta da centinaia di colonnati rossi terminanti su installazioni dorate a contorno della tettoia e rievoca atmosfere imperiali dei palazzi della città proibita, mentre intorno un sistema elettronico progettato dalla tedesca Siemens AG, costato oltre 250 milioni di dollari, permetterà il trasporto silenzioso di oltre 19.000 bagagli all'ora! "Gli stranieri che si sposteranno in questo terminal prima di approdare nella capitale si muoveranno in ambienti molto spaziosi, delicati, illuminati da video giganti al plasma e in un armonioso gioco di luci e colori riflessi sulla struttura d'acciaio" spiegano i tecnici sulle pagine del China Daily.

Un cantiere di progettazione tutto europeo ma in cui le firme del design e dello studio d'architettura from Italy pare essere caduto nel silenzio. E il dato fattuale lo esprime non solo il progetto del terminal 3 ma tutto l'insieme di lavori in corso previsti per l'occasione del 2008. Al tedesco Albert Speer Jr. è stata commissionato il design per la north-south boulevard di Pechino, al francese Paul Andreau la tanto attesa quanto discussa National Opera House proprio di fronte alla piazza di Tiananmen, il National Stadium, poi, quello che vedrà la cerimonia d'apertura e di chiusura dei giochi, è stato progettato in sinergia dallo studio d'architettura svizzero Herzog & de Meuron Arckitekten in compartecipazione con il prestigioso Chinese design Intistute. E ancora, il design per la grande piscina Water Cube lo si è accaparrato l'australiana PTW, già famosa per aver firmato alcune opere importanti durante i giochi di Sidney del 2000, in cooperazione con un'altra grande azienda inglese, la Ove Arup Engineering, che sembra aver fatto bottino di moltissimi appalti sui progetti per le prossime olimpiadi. Fra questi ricordiamo il cantiere per la costruzione del nuovo headquarters televisivo della CCTV, disegnata dall'architetto tedesco Rem Koolhaus.

Una corsa europea vissuta con lentezza dagli italiani che però, dati alla mano, sembrano essere stati ancora una volta i primi a pianificare attività di budgeting e di ricerca in merito alle possibilità di business e di analisi sul possibile piano d'investimenti in Cina in vista delle Olimpiadi . Alcuni bollettini di settore sono già stati diffusi a partire dal 2002 e preventivavano le grande opportunità per le nostre firme in vista dell'evento olimpico.
Paolo Cacciato
Corriere Asia

My article, published on Corriere Asia, follows on this link http://www.corriereasia.com/_var/news/DWEMVPZ-EMCAOGL-GYF.shtml

venerdì 7 settembre 2007

Chinese Fear between illegal production and political influence


Do you remember? After Mattel scandal on security misures from chinese factory Lee Der with head office in Hong Kong, was the turn of another american toys company, from Ohio to recall chinese production for illegal manufecture details. Following my analisys published last month on Corriere Asia. In my article I have pointed out another series of considerations about political involving on illegal "Made in China". It sounded interesting call attention to the influence of USA political election atmosphere on this situation that it will be very critical for international business establishment if relations'll be continue on this way. Here you are my comment. English version available upon request.

Ennesimo blocco USA al Made in China: "trottole colorate a rischio". Da Pechino l'accusa di violazione statunitense alle norme WTO.

PECHINO: La notizia è di stamani: ennesimo blocco alle importazioni di giocattoli provenienti dalla Cina. Il sospetto è sempre lo stesso e verte sulla pericolosità data dall'utilizzo di materiali nocivi per la fabbricazione dei prodotti destinati al divertimento dei più piccoli e in particolar modo per la composizione chimica dei colori utilizzati nei rivestimenti.

Dopo il caso Mattel l'allarme rosso sembra essersi diffuso sulle importazioni Made in China di tutto il mondo, in particolar modo negli States, dove su incitamento del senatore democratico Dick Durbin, sembra essere partita una vera e propria caccia al "prodotto cinese", una gara allo smascheramento d'imperfezioni, contraffazioni, utilizzo d'agenti chimici pericolosi e a basso costo.

Pechino si difende rispondendo che di tutta la colossale produzione proveniente dai confini della Repubblica Popolare, solo una piccolissima percentuale risulta "fuori norma" e continua a giudicare insensato e controproducente per la salute delle relazioni commerciali fra i due Paesi, un atteggiamento di tale accanimento verso importazioni che da anni ormai fanno la fortuna di veri e propri colossi americani.

Ma il gioco mediatico rimbalza, la campagna elettorale statunitense si arricchisce con nuova carne al fuoco e di "nuovi uomini neri", come il nostro opinionista Marco Wong ha definito nei giorni scorsi l'immagine del produttore di giocattoli cinese secondo quanto filtrato dall'allarmismo del sistema d'informazione globale. E come la storia ben ci insegna, dove ci sono uomini neri si allineano presto fila e fila di "paladini", che dal silenzio del tempo si affrettano a dare inizio alla battaglia.

Sta di fatto che oggi è la Martin Designs and Schyllings Associates, fabbrica di giocattoli dell'Ohio a "rispedire" in Cina oltre 300.000 pezzi, subito dopo la notizia del blocco totale da parte di Mattel di circa 18,5 milioni di prodotti. Sotto inchiesta sarebbero cadute migliaia di "trottole" colorate distribuite dall'azienda negli USA. La questione risulta però più delicata se si tiene conto che tale prodotto è in commercio già dal 2001 insieme ad altri quaderni e diari per bambini venduti con grande successo di vendita già dal 2006. Viene naturale chiedersi come mai fino ad oggi, a distanza di oltre cinque anni dalla messa in commercio dei primi prodotti nessuno si sia interessato, né fra i produttori cinesi né tanto meno fra gli importatori americani, di vagliare con attenzione l'attendibilità e la sicurezza dei componenti usati.

Il rischio però è che la situazione degeneri in un sistema di sfiducia collettiva nel marchio cinese e nel rigetto all'acquisto di tutto ciò che sia etichettato con "Made in China", binomio dalla pericolosità, per l'andamento commerciale internazionale, di altissimo livello.

Di poche ora fa, poi, è la notizia che sembra fare da contrappeso al blocco statunitense nei confronti dei giocattoli cinesi: il Ministero del Commercio cinese, nella personalità del vice ministro, Gao Hucheng mette sotto inchiesta il protezionismo americano, accusando come illegali le misure anti-subsidy e antidumping avviate sulle importazioni di beni cinesi. Nella conferenza stampa che si è tenuta nella mattinata di oggi, Gao Hucheng ha segnalato, di fronte ai media cinesi e internazionali, la violazione delle norme del WTO da parte degli USA nella doppia tassazione ai prodotti cinesi.

Sotto accusa sarebbero cadute la serie di misure protezionistiche intraprese dagli USA da Novembre ad oggi, consistenti in un doppio sistema di tassazione sui beni importati (antidumping e antisubsidy appunto), forma protezionistica condannata dalla normativa sottoscritta dagli Stati aderenti all'Organizzazione Mondiale del Commercio. La Cina, inoltre, mette sotto accusa l'accanimento statunitense nelle indagini avviate sulle massicce importazioni di carta, tubi d'acciaio e materiale pneumatico provenienti dalla Repubblica Popolare, con l'intento di condizionare e di rallentare l'andamento in continua crescita delle esportazioni cinesi sul mercato mondiale.

Ecco, perciò, che il dialogo commerciale fra USA e Cina sembra conoscere, in queste ultime settimane, un momento di accanimento e di tensione che non giova alla salute dei mercati fra le due potenze. Gli USA difatti conoscono ormai una dipendenza commerciale molto forte dal dragone cinese, che nel prossimo anno dovrebbe addirittura superare, per volume d'esportazione in USA, il vicino Giappone, da sempre partner numero uno degli States sull'andamento della bilancia commerciale. Dall'altra parte, poi, la Cina ha visto arrestarsi negli ultimi giorni la produzione di centinaia di aziende di giocattoli situate nelle regioni del sud, con un crescente allarmismo e danno sociale. Un'atmosfera, quindi, che non sembra giovare a nessuna delle due economie.

domenica 2 settembre 2007

Olimpic Games: between doubt and hope


Following Marco Wong's comment about Beijing next Olimpic Games prospective. In particular Wong consideration points out enviromental question on China's Olimpic background. You can read entire article on Marco Wong blogsite, which link is added on my blog partner's list on the right side of this webpage. Wong's analysis is in italian but japanese, chinese and english version are available on request. About Wong's professional profile and other his comments, please visit Corriere Asia and Marco Wong's Blog.
Paolo

Una nuvola grigia sulle Olimpiadi di Pechino1b258f36617a1ed60fa9416a5e1a8bdb.jpg

Crescono le preocupazioni per gli effetti dell’inquinamento sulle gare di resistenza in vista delle Olimpiadi di Pechino 2008, e se si stanno prendendo provvedimenti, rimane da chiedersi se questo sarà sufficiente a generare effetti duraturi nel tempo e a formare una coscienza verde

Questa notte ho seguito i mondiali di atletica di Osaka, in particolare la marcia, sport che ho praticato nei miei anni giovanili ahimè con scarsi risultati personali. I risultati della gara sono stati cronometricamente poco rilevanti, così come per la maratona, a causa delle condizioni climatiche proibitive, e questa considerazione apriva le considerazioni sull'appuntamento del prossimo anno, le Olimpiadi di Pechino, che verosimilmente si svolgeranno in condizioni climatiche simili, ma con lo spettro addizionale dell'alto tasso di inquinamento che normalmente caratterizza la capitale cinese.

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Mentre il caldo e l'umidità non sono fattori sconosciuti agli sportivi, visto che competizioni come le Olimpiadi si svolgono normalmente nel mese di Agosto che, ad eccezione di Sidney 2000, è un mese estivo e caldo, quello dell'inquinamento pone delle sfide meno note e più sottili da combattere.

Per esempio, la presenza di particolati nell'aria o di altri fattori inquinanti è potenziale causa di asma, ma spesso i medicinali antiasma sono tra quelli banditi per gli atleti in quanto spesso coprono i marcatori utilizzati dai testi per l'antidoping.

L'allarme è già stato dato al più alto livello, e cioè dal presidente del CIO (Comitato Internazionale Olimpico) Jacques Rogge che ha prospettato l'eventualità dello spostamento delle gare di resistenza che si svolgono outdoor, come per esempio la maratona e le gare di marcia.

Questo all'erta ha immediatamente causato delle reazioni da parte della municipalità di Pechino, che ha adottato delle misure atte a diminuire l'inquinamento, come la circolazione a targhe alterne dei veicoli privati.

Non ho dubbi che il governo prenderà molto seriamente questa minaccia, abitavo ancora a Pechino quando ci fu il primo tentativo di ospitare le Olimpiadi del 2000, che furono poi assegnate a Sidney.

In quell'occasione tutta la municipalità precettò i dipendenti pubblici per sistemare le aiuole, dare un'imbiancata ai muri e contribuire a tutti quei lavori necessari per dare un bell'aspetto alla città. Nel corso del tentativo successivo, otto anni dopo, proprio per migliorare la qualità dell'aria in occasione della visita degli ispettori del CIO, furono chiuse le fabbriche all'interno della cerchia urbana.

Di certo Pechino vorrà evitare scene di atleti in crisi respiratorie durante la maratona, la gara più rappresentativa delle Olpimpiadi, trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo, e prenderà tutti i provvedimenti, anche i più drastici, per pulire l'aria in occasione di quelle due settimane in cui sarà al centro delle attenzioni del mondo.

L'interrogativo è se questa sia anche la buona occasione per introdurre dei provvedimenti che agiscono sul sistema cinese, e garantire una buona qualità dell'aria non solo per due settimane a Pechino, ma anche nel resto della Cina e per gli anni a venire.

Ma questa, temo, è una sfida ben più difficile del vincere una medaglia alle Olimpiadi.

Marco Wong






Nuovo Corso di lingua Giapponese a Milano

sabato 1 settembre 2007

Security in Asia: the meeting of the year.


TOKYO: From Abe's start at the top of Japan executive line, was clear that something was changed on relationship with China. First step was japanese prime minister official visit in Beijing last September 2006 and after that there was big surprise on international community when chinese communist party leader, Wen Jiabao visited Japan last october. The beginning of a new dialogue's scene with ambitious diplomacy goals and several economic cooperation projects. Few days ago a new step on Japan - China relationship. Japanese Minister of Defense, Masahiko Komura received chinese minister Cao Gangchuan. An epocal meeting that indicates a new communication between Tokyo and Beijing. It has been interesting reading different analisys directly from chinese and japanese press about this event. Chinese point of view about cooperation with japan is by several aspects totally different than Japanese thought. In the following article I have tried to explain press comments according japanese and chinese different positions.

Tokyo, ministro della difesa cinese e giapponese a confronto: riflettori puntati sullo storico incontro


TOKYO: L'attenzione di oggi in Asia sembra essere tutta per l'incontro dalla portata storica fra il Ministro della Difesa della Repubblica Popolare Cinese, Cao Gangchuan e la rispettiva controparte giapponese, il Ministro Masahiko Komura.

Il governo del rimpasto di Abe non vuole correre rischi e riafferma quanto dimostrato fin dall'inizio della sua legislatura nel settembre 2006: la linea di vicinanza con la Cina e di "duihua"(dialogo), per ricordare "alla cinese" quanto scritto oggi sui titoli dei principali quotidiani nella Repubblica Popolare.

Quest'anno si festeggia il trentacinquesimo anno della riappacificazione fra Cina e Giappone dalle divisioni sorte nel secondo dopoguerra e origine di un silenzio diplomatico molto forte. Il primo ministro cinese Wen Jiabao entrò clamorosamente in visita ufficiale in Giappone lo scorso Aprile e Cao Gangchuan ripercorre le orme di Wen trascorrendo in Giappone ben cinque giorni, accolto con tutti gli onori e secondo la cerimoniosa etichetta ufficiale giapponese.

Abe aveva dato segno tangibile della propria convinzione nell'allacciare un "ponte di comunicazione", come lo definisce lo Yomiuri Shinbun in un'accezione più "politically correct", già nell'ottobre 2006, scavalcando nella propria agenda qualsiasi cerimonialità di gratitudine politica all'asset più conservatore e dirigendosi direttamente in visita ufficiale in Cina.

Al di là della riflessione geopolitica di fondo quello che pare interessante mettere in luce dall'incontro è la sottolineatura da parte delle due personalità politiche e istituzionali di interessi e timori di fondo molto diversi. E' come se in un incontro di dialogo fossero emersi in realtà i profondi elementi di "lontananza" diplomatica che ancora intercorrono fra i due vicini.

A tal proposito salta subito all'occhio la diversità d'impostazione degli articoli nella stampa cinese da quella giapponese in merito alla conferenza stampa si stamani.Tralasciando l'alto profilo ideologico e di lungimiranza diplomatica con cui il Rimin Ribao (il Quotidiano del Popolo, voce ufficiale del Partito) descrive l'evento, il China Daily si sofferma più volte sulla questione taiwanese. Senza troppi giri di parole il ministro della difesa cinese ha fatto riferimento all'azione separatista taiwanese guidata da Chen Shui-bian e consapevole della "non ufficiale" influenza giapponese su Taiwan si è augurato in un'azione pacifica e di mediazione di Tokyo su Taipei. La linea di Pechino pare irremovibile nella sua politica dell' "unica Cina" e il concetto viene espresso pubblicamente di fronte alla stampa e di fronte al ministro giapponese.

Di altra portata invece la riflessione giapponese: Tokyo si è dimostrata preoccupata dalle dichiarazioni cinesi in merito agli investimenti del governo nel settore militare e chiede maggior trasparenza in merito. I media giapponesi, in particolar modo il meno serioso Mainichi Shinbun non risparmia poi sottili riferimenti alla questione Abe e Yasukuni, riportando al top dei titoli l'argomento che nei giorni del rimpasto ha scosso le file più conservatrici del Partito Liberal Democratico giapponese, riferendosi alla mancata visita di Abe al sacrario scintoista tanto caro ai più nazionalisti e "pomo della discordia" per lunghi anni nella messa in atto di un dialogo costruttivo fra Cina e Giappone.

Ma oltre alla politica e ai timori di carattere militare l'incontro segna una tappa fondamentale per un disegno di riavvicinamento economico e di cooperazione in Asia. Il viaggio diplomatico di Cao Gangchuan difatti proseguirà nelle Filippine accogliendo l'invito del Segretario alla Difesa filippino Gilbert Teodoro. L'edizione di Hong Kong del China Daily, sempre attenta alla sottili performance di pregnanza economica riporta a tal proposito l'autorevole voce di Feng Zhaokui specialista dall'Accademia delle Scienze Sociali in fatto di economia internazionale e di rapporti bilaterali fra Cina e Giappone. Secondo l'esperto la politica del dialogo o semplicemente della comunicazione serve da trampolino per la creazione di un clima di sicurezza politico -- militare che vuole favorire la piena operatività dei singoli governi nell'impegno ad uno sviluppo regionale comune
Paolo Cacciato
you can read entire article on Corriere Asia at the following link
http://www.corriereasia.com/_var/news/DWASMYC-EMCXANF-BDLD.shtml

giovedì 23 agosto 2007

China Central Bank: about rate of interest


It's the fourth time this year: from today China's interest rate is raised to 3.6%. Central Bank act is done to protect chinese economy from incraising inflation. About this resolution we can think on a serie of serius reasons that were probably considered before yesterday central bank decision. You can read my following analisys about Dong Zhixin's professional comment on the topic. Whole article has been published on Corriere Asia and you can easily find more information on its web pages at the link www.corriereasia.com


PECHINO: La quarta volta in un solo anno. E' il numero d'azioni di rialzo messo in atto dalla Banca Centrale della Repubblica Popolare sul valore del tasso d'interesse. L'ennesimo è stato portato ufficialmente a termine nella giornata di ieri. La finalità, secondo portavoce autorevoli interni all'amministrazione della Banca Centrale, sarebbe quello di preservare la realtà cinese da un macroscopico e aggravante andamento inflazionistico.

Il tasso sui depositi aumenta di ben 27 punti all'anno toccando una percentuale del 3.6% sugli interessi, mentre per quanto riguarda i prestiti l'aumento incide di 18 punti facendo slittare il tasso d'interesse alla percentuale del 7.02%.

I rialzi saranno effettivi da domani secondo quanto stabilito dalla Banca Centrale. L'azione però è parsa a tutti piuttosto insolita, data la sua portata repentina e inaspettata. Da tradizione infatti il board della Banca Centrale è solito informare nel week end precedente azioni di questo calibro, vincolanti e fortemente incisive sull'andamento economico e finanziario del Paese e della comunità internazionale.
Questa volta, invece, l'annuncio è stato dato di martedì in un giorno infrasettimanale e in tutto silenzio di preavviso. Atteggiamento che ben risponderebbe al clima di "terrore inflazionistico" che preoccupa la dirigenza della Banca Centrale per le sorti della stabilità economica del Paese.

I dati, riportati stamani dalla stampa cinese sembrano però parlare chiaro: la Cina ha visto già nel secondo trimestre di quest'anno un incremento sul valore del GDP pari all' 11.9 %, il più alto, rapido e considerevole negli ultimi dieci anni.

Sulla bilancia commerciale, poi, i dati registrati lo scorso mese riportano ad un avanzo di liquidità determinata dalle esportazioni in aumento vertiginoso del 67% rispetto solo all' anno precedente ed equivalente a 24.4 miliardi di dollari, il secondo aumento più vertiginoso mai registrato nella sola durata di un mese.

Il valore inerente alla riserva monetaria è decollato al 18.5%, l'incremento più alto mai registrato nell'ultimo anno e gli investimenti programmati secondo pianificazione destinati all'ampliamento delle aree urbane sono cresciuti del 26.6% a parità di periodo confrontato con lo scorso anno.

Secondo quanto afferma l'esperto d'economia e finanza del China Daily, Dong Zhixin tutti questi elementi, sicuramente positivi nella rappresentazione di una Cina che cavalca l'onda del successo planetario in fatto di propulsione finanziaria, potrebbero essere spie evidenti, agli occhi della Banca Centrale, di un vortice d'inflazione che a lungo andare verrebbe ad aggravare sui bisogni e le capacità di sostegno degli strati sociali popolari.

Il Consumer Price Index, vero e proprio termometro sulla capacità d'acquisto del consumatore, ha segnalato, difatti, i già per luglio un aumento del 5.6% sull'aumento dei consumi, il dato più alto mai registrato negli ultimi 10 anni.

L'economista fa poi notare come attualmente il tasso d' inflazione sia inoltre superiore al tasso di deposito, e tutto ciò viene a costituire una perdita del potere d' acquisto del denaro accumulato e depositato dai risparmiatori sui propri conti bancari, condizione pericolosa per la salute degli stessi istituti di credito.
Paolo Cacciato

Whole analisys is available at the following link
http://www.corriereasia.com/_var/news/DVZFCNY-EMCAGSJ-UIQ.shtml

lunedì 13 agosto 2007

ASEAN: From Beijing a good impression


For several years the ASEAN Mode was the only right way for helping business and political communication beetwen east Asia countries. In the past bilateral solution was the best opportunity which east Asia countries have done their best to create an'atmosphere of cooperation and mutual help. But at the moment the most important thing seems to be a regional project of communication. In this way Asia countries should not consider past divisions and differences as obstacles to dialogue and mutual business cooperation. On this argument, several days ago the People's Daily, official voice of Communist Party, has expressed a positive opinion about ASEAN role to improving Asia Countries cooperation and economic advantages. It's the first time that Communist party from People's Daily columns declares his opinion about ASEAN mechanism in a propositive way. The following article is my analisys published on Corriere Asia last week. The text is in italian but english version is also available.

Il commento: ASEAN, strumento indispensabile anche per Pechino



PECHINO: Sono ormai diversi anni che il dibattito geopolitico sul fronte dal regionalismo in Asia ha lasciato spazio alla concezione di un "ASEAN mode" in grado di garantire ai Paesi dell'Asia Orientale una dialettica produttiva in campo non solo diplomatico ma soprattutto economico. Alla visione multilaterale dei rapporti, contrastata e di difficile attuazione in un panorama caratterizzato da profonde divisioni e diversità storiche e strutturali nei sistemi economici e politici dei Paesi asiatici, si sostituisce perciò una configurazione ragionale delle dinamiche di dialogo e di confronto con la comunità internazionale.

E' quanto affermato oggi anche dalla voce ufficiale del Partito Comunista cinese. Il Quotidiano del Popolo infatti prende finalmente posizione su una questione a lungo mal chiarificata: l'ASEAN potrebbe realmente essere lo strumento più valido per garantire l'accrescersi della competitività economica e della solidità collaborativa dei Paesi dell'Asia orientale.

Sarebbero tre, secondo quanto affermato dal Partito, le qualità d'eccezione dell'ASEAN Mode in grado di garantire il successo di un sistema regionale di dialogo e confronto in Asia: concertazione nelle consultazioni, armonia e cooperazione. Per quanto riguarda la prima caratteristica, L'ASEAN Mode permetterebbe di raggiungere degli obiettivi comuni nel rispetto delle differenze di opinione dovute ad alterità strutturali che qualificano un Paese dall'altro. La finalità perseguita dalla consultazione sarebbe quella della decisione comune dal fine concreto e, soprattutto, dalla consapevole provenienza delle scelte intraprese.

Di grande interesse, poi, per l'amministrazione della Repubblica Popolare è l'armonia che l'ASEAN garantirebbe fra i suoi membri, dover per armonia ci si riferisce strettamente al rispetto delle diversità e alla convivenza tollerante fra i singoli Paesi. E' implicito ovviamente il ricorso allo strumento diplomatico in luogo di quello militare, anche per quanto concerne l'autodifesa.

La cooperazione garantirebbe poi un piano d'attuazione concreto in grado di porre le esigenze di tutti i membri sullo stesso piano e di far valere in questa sinergia l'interesse collettivo per l'ambito regionale perseguito.

I rivali? Sicuramente USA e EU. La Cina dimostra, attraverso le voci autorevoli degli editorialisti del canale ufficiale dell'organo di governo, di essere consapevole di quanto l'Asia possa oggi competere in termini assolutamente paritari se non più elevati con realtà economiche di storica centralità. Anche lo scenario finanziario ha segnato, difatti, negli ultimi tempi l'entrata in gioco di nuove sinergie, soprattutto cinesi, sulle piazze affari mondiali.

E' di oggi infatti la notizia dell'entrata della prima società della Rep Popolare, la China Boqi Environmental Solutions Technology (Holding) Co. quotata sulla piazza affari di Tokyo. Ieri, subito dopo l'accesso in lista di quotazione, la CBEST ha dominato con i suoi titoli tutta la giornata borsistica influenzando l'andamento dei concorrenti e dei titoli di settore. Il prezzo di quotazione all'entrata del titolo si aggirava intorno ai 160.000 yen e già nel pomeriggio segnava i 276.000 yen per chiudere in giornata con un più che dignitoso 258.000 yen. Un segnale di grande fiducia per l'emergente società cinese, dato da un mercato, quale quello giapponese, storicamente più avvezzo alla compravendita di titoli inerenti all'attività di società specializzate nel solution technology ma di matrice giapponese.

Dagli anni '90 l'ASEAN ha garantito un processo concreto d' alleggerimento degli ostacoli tariffari al commercio in Asia, promuovendo alcune tattiche bilaterali di liberalizzazione commerciale. E' poi sempre lo stesso editoriale del Quotidiano del Popolo a far notare come la rete preferenziale su cui si basava la concezione bilaterale degli scambi negli anni '90, stia mano a mano lasciando spazio ad una dimensione di ampia liberalizzazione a respiro regionale. Si conta che il livello preferenziale nella commercializzazione di alcuni prodotti, riguarda solo il 5% della produzione dei membi dell'ASEAN ed è destinata ad annullarsi nei prossimi anni, dando vita ad una vera e propria zona franca e di libero mercato, con abbattimento delle barriere doganali e protezionistiche.

Se la posizione giapponese e coreana era stata già espressa con chiarezza a favore della validità della "macchina ASEAN", queste riflessioni da Pechino fanno intuire l'interesse tutto cinese a procedere con grande celerità ad un progetto d' emancipazione regionale, soprattutto ora che la Rep. Popolare sembra aver raggiunto una portata di stabilità nella propria centralità produttiva, economica e mediatica nell' Asia orientale.

Si continuerà ad usufruire del sistema di meeting 10+1 o 10+3 o 10+6 adottato fino ad oggi nell'includere i 10 Paesi che costituiscono il gruppo base dei membri ASEAN (Indonesia, Filippine, Malesia, Singapore e Thailandia, ovvero i Paesi contraenti dell'accordo già dal 1967 più Brunei, Cambogia, Laos, Myanmar, Vietnam firmatari più recenti con entrata scaglionata entro il 2015) al dialogo distintamente con Giappone (ASEAN 10+1) oppure con Giappone, Corea del Sud e Repubblica Popolare Cinese (ASEAN 10+3). Di recente, poi, è stato introdotto anche il 10+6 che comprende, oltre ai membri già menzionati, anche il confronto aperto con India, Nuova Zelanda e Australia. (ASEAN 10+6). Lo scopo è quello di porre ad un foro negoziale regionale tutti i Paesi dell'Asia Orientale e non (10+6) in una percezione semicomunitaria al confronto con USA, Russia, e EU.

In questo periodo più che mai, sembra respirarsi la volontà cinese a perseguire questa linea. E' solo dalla sinergia collaborativa che la Cina potrà emergere se non a guida, sicuramente quale punto focale sul panorama politico ed economico mondiale oltre che asiatico.

mercoledì 25 luglio 2007

The Interview: Giuseppe Piva, my business with Japan? A deep personal passion


I'd want to stress my last interview published last week on Corriere Asia. Protagonist was Mr Giuseppe Piva, expert business man in Japanese culture and arts, who owns a prestigiuos art gallery in Milan, near San Babila square. His father has a long experience about antique dealer's profession and Giuseppe inherited the interest in a very particular and serious activity such this.
Now He's also studying japanese to improving his knownledge about undestanding japanese culture and communication.

Dalla passione al business: l'antiquariato giapponese a Milano


MILANO: Una galleria nel cuore del centro storico di Milano. A pochi passi da Piazza San Babila è possibile immergersi in uno spazio curato che ospita pezzi d'antiquariato giapponese di grande livello e dall'elaborata selezione. Abbiamo voluto incontrare il giovane proprietario della galleria d'Arte Giapponese, Giuseppe Piva e sentire direttamente dalla sua voce testimonianza sull'andamento di un'attività complessa come quella dell'antiquario e dell'esperto d'arte. Ancor più accattivante e pregnante come attività nel momento in cui, come nel caso di Piva, questa venga a confrontarsi con un panorama così distinto per dinamiche e comunicazione negli affari, come quello giapponese.

Paolo Cacciato: Come ben saprai il nostro magazine cerca di accostare ad approfondimenti sull'economia e i mercati in Asia, anche il parere concreto di chi con l'Asia orientale ci lavora tutti i giorni e fa della propria relazione motivo di business. Arrivando alla tua esperienza, una prestigiosa galleria d'arte giapponese nel cuore di Milano e un giovane ma altrettanto preparato gallerista ed esperto d'antiquariato orientale si rivelano armi valide per fare affari a Milano?

Giuseppe Piva: Milano è una città ricca d'opportunità: un impegno profondo e un approccio serio a questo tipo di business alla fine risultano premianti.

P.C.: Da quanto esiste la tua galleria e quali difficoltà hai incontrato all'inizio della tua attività? Coma nasce la tua passione per l'arte giapponese?

G.P.: E' una passione davvero vecchissima: risale a quando ero bambino. Ho affrontato questa avventura con spirito estremamente positivo e fiducioso, per cui non ho mai affrontato "difficoltà". Casomai "situazioni da risolvere".

P.C.: Quali sono le caratteristiche dei tuoi clienti? I profitti in Italia si rivelano di una certa portata, o come spesso ci hanno riportato molti imprenditori intervistati, il respiro più ampio ai guadagni lo si deve ricercare su altri mercati europei?

G.P.: L'Italia ha una lunga storia di collezionismo d'arte giapponese. Ho aperto questa attività per riaccendere il desiderio collezionistico nei giovani verso le cose che tratto. Tuttavia essendoci pochi operatori anche a livello europeo è giocoforza che il mercato da considerare sia assolutamente globale.

P.C.: Trovi che il tuo intuito artistico sappia rispondere alle esigenze dei tuoi acquirenti? Come ti scontri con la concorrenza che sembra in notevole aumento in un momento in cui la passione per l'Oriente e l'attratività per il fascino estetico dell'arte orientale sembra essere tornati in grande voga?

G.P.: Il livello qualitativo dell'antiquariato che tratto nella mia galleria è abbastanza raro da trovare in giro. La presenza degli importatori non mi da' assolutamente fastidio perchè ci rivolgiamo a clientele completamente differenti.

P.C.: So che ti rechi puntualmente in Giappone, noti nel tuo dialogo d'affari con i tuoi fornitori un dinamismo o una propositività che manca spesso all'imprenditore italiano? Ci tacciano difatti spesso di lentezza propositiva, di criticità sostenuta nei confronti del mercato orientale. Non trovi che questo possa valere nel confronto con il partner cinese, coinvolto in dinamiche di sviluppo dalla rapidità sconvolgente e forse più avido d'affari, rispetto alla realtà giapponese?

G.P.: Ho trovato nei giapponesi ottimi interlocutori, anche se complicati da gestire.
Il mercato cinese è in piena esplosione, niente di paragonabile a quello giapponese.

You can read the entire interview on Corriere Asia
on the following link
http://www.corriereasia.com/_var/news/DVSUFVJ-EMCINVG-BMVC.shtml

venerdì 13 luglio 2007

Il Giappone dell'illegalità: documentario gallese scuote il silenzio


TOKYO: Pensando alla realtà giapponese e in particolar modo al controllo dell'immigrazione e della gestione delle attività lavorative valide ad ottenere un permesso di soggiorno in regola, immediatamente si ha in mente una realtà occlusiva, difficile da aggirare ed estremamente cauta nell'illecito. Io stesso durante i miei viaggi in Giappone ho sperimentato, al tempo in cui mi recavo per studio, il diniego di gestori di locali o di piccole agenzie di servizi, di fronte alle mie richieste di lavorare in una sorta di "nero legalizzato", o "arubaito" come è definita in giapponese l'attività lavorativa part time o saltuaria senza particolare forma contrattuale, compiuta dai giovani studenti universitari per mantenersi agli studi. Ero straniero, in una realtà sociale prettamente giapponese, pulita, ordinata e regolarizzata. Pur parlando la loro lingua e pur avendo diversi contatti d'appoggio non fu facile, come può esserlo per il caso italiano o europeo in genere, trovare lavoro, soprattutto se si è stranieri e con un semplice visto turistico. Me la cavai con un lavoro presso una pizzeria italiana gestita da giapponesi, amici di carissimi amici.

Ma c'è una realtà che sottende all'apparente rigidità legalizzata dei numerosi locali a cui mi rivolsi per cercare lavoro a Tokyo. Ed appartiene al mondo dei locali notturni, invasi da centinaia di hostess straniere di bella presenza che lavorano come intrattenitrici nelle numerosissime discoteche, clubs o locali d'intrattenimento erotico della capitale. Basta passeggiare per Roppongi per rendersi conto di quante giovani donne straniere siano alle porte dei locali ad invitare i clienti ad entrare e, subito dopo aver varcato l'ingresso, magari spalleggiati da giovani buttafuori di colore alti due metri, ci si rende conto di cosa si nasconda dietro l'apparente immaculatezza dell'illegalità giapponese: sesso, droga, appuntamenti e perversione. Tutto diviene lecito nella patria della yakuza e paradiso del divertimento notturno di una capitale che non dorme mai.

Queste ragazze sono assunte senza alcun permesso di soggiorno e senza alcuna tutela legale contro possibili aggressioni, atti di malavita e soprusi. In Giappone ciò che da noi è sugli occhi di tutti e affollato agli angoli dei marciapiedi delle metropoli e nella maggior parte dei casi affrontato con atti di polizia e d'intervento da parte della magistratura, qui è tutto perfettamente riordinato all'interno dei locali, in microcosmi celati a qualsiasi intervento di polizia o d'indagine della magistratura.

Oggi l'ipocrisia del silenzio dell'amministrazione giapponese, così è definita dalla stampa l'atmosfera che circonda il fenomeno, è denunciata dalle pagine del Japan Times. Di stamani, difatti, è la pubblicazione dell'esperienza di una giornalista che dopo aver assunto in incognito i panni di una giovane e bella gaijin senza permesso di soggiorno, ha affrontato da sola il percorso seguito da molte altre giovani straniere attirate dallo scintillio della capitale giapponese e finite, magari ingenuamente, in una rete malavitosa da cui è difficile non solo uscire, ma soprattutto trovare tutela legale.

La reporter inglese Sian Morgan, si finge hostess per condurre un documentario per conto di Welsh TV ed aiutata dal collaboratore Dai Davis inizia la ricerca di un lavoro. Il risultato? Nulla. Senza un permesso di lavoro nessuno è disposto ad assumere Morgan, in possesso di un semplice visto turistico della durata di tre mesi. "Come poter ottenere un permesso di lavoro se nessuno il lavoro me lo vuole dare?" si chiede Morgan. "In Europa trovi un lavoro e chiedi che ti venga riconosciuto lo status di lavoratore regolare, qui in Giappone sembra il contrario, assurdo!"

Lo special prosegue su Corriere Asia
al link http://www.corriereasia.com/_var/news/DVPTHKR-EMCAGCK-QFI.shtml
Nuovo Corso di lingua Giapponese a Milano

mercoledì 11 luglio 2007

Special Interview with Banana Yoshimoto

I met Banana on the occasion of the last conference promoted by Milanesiana 2007, a list of summer cultural events in Milan. The topic of the day was "Women and Power" and about it Yoshimoto was invited to explain her books character. But on my case I asked her informations about the typical manga atmosphere that readers can frequently perceive in her works. You can read here the incipit of my interview. Complete version is published on Corriere Asia, the on line magazine which I'm working for, and you can easily read it on the following link http://www.corriereasia.com/_var/news/DVQWLPM-EMCWXWZ-ISO.shtml






Banana Yoshimoto a Milano: i miei libri? sono le "registrazioni" dei sentimenti umani

MILANO: L'occasione per conoscere Banana Yoshimoto è data dalla chiusura della rassegna culturale della Milanesiana 2007, tenutasi sabato 7 luglio nella Sala Dino Buzzati della Fondazione del Corriere della Sera a Milano. La scrittrice giapponese è ospite d'onore nella tavola rotonda intitolata "Donne e potere", un tema per cui, nell'invito rivolto alla Yoshimoto, si è voluto certamente tracciare un sottile riferimento ai personaggi femminili dei suoi romanzi, così carichi di spessore, pieni di sentimento e d' emozione, pilastro portanti di una narrativa, in cui sono proprio le donne a rinascere vittoriose dalle sconfitte di tutti i giorni, dai lutti e dai dolori, nella loro quotidiana naturalezza e apparente semplicità.

Ciò che capiamo da subito, rifacendosi al tema dell'incontro, è che Banana non è di certo una donna di potere, come invece verrebbe naturale immaginare per una personalità letteraria che ha venduto milioni e milioni di libri in Giappone e all'estero, elogiata dalla critica italiana e soprattutto amata da uno sconfinato pubblico giovanile. Invece non avvertiamo nessun fascino da femme fatale, nessun esibizionismo da grande intellettuale, ma la pacata conversazione di una donna di mezza età, con figlio a seguito, animata, nella sua curiosità creativa, dalla volontà di comunicare attraverso i suoi libri le emozioni di tutti i giorni, la semplicità e nello stesso tempo l'astrusità delle relazioni umane.

P.C.: Grazie di essere ritornata in Italia, so che è sempre felice di rivedere i suoi lettori italiani, molto diversi da quelli giapponesi per curiosità e trasporto dalle storie che narrano i suoi libri.

B.Y.: Sono sempre felice di far ritorno qui anche se spesso non so rispondere a tutto quello che mi chiedono...

P.C.: Sarò breve perché so che non mi è permesso trattenerla a lungo. Facendo riferimento alla sua produzione, saprà quanto l'atmosfera da manga che pervade i suoi romanzi arriva a catturare la sensibilità di moltissimi giovani lettori e affascini per la sua leggerezza anche i meno giovani.

B.Y.: Certo, ultimamente da quando ho avuto mio figlio, mi sono avvicinata moltissimo alla lettura dei manga e non posso che trarre spunto da questo immenso panorama artistico che per molti aspetti forma il background culturale e comunicativo di noi giapponesi.

L'intervista è pubblicata per intero al seguente link
http://www.corriereasia.com/_var/news/DVQWLPM-EMCWXWZ-ISO.shtml

venerdì 6 luglio 2007

And now Japan too has its "Condi Rice"



New Defense Minister Yuriko Koike, 54, is a world traveler fluent in Arabic and English and considered one of the Diet's leading experts on the Middle East. Famous on the specialistic international scene for her intercultural studies and abilities about diplomacy and her knownledge on military issue in the Middle East is a controversal politician. If abroad is considered the better solution to LPD's recent problems pointed out by several Abe's mistakes, in Japan Koike is considered one of most popular conservative politicians who supports textbooks that whitewash Japan's historical record, denies or downplays the Nanking Massacre and "comfort women" (wartime sex slave) issues, and pushes education reforms that stress patriotism in schools.

Koike will be able to preserve a moderate policy improving popular consent on Abe's line?




Il commento: Yuriko Koike, una nuova "Condi Rice" al governo giapponese?
TOKYO: La stampa internazionale la definisce ormai la "Condi Rice" del Giappone. E' la 54 enne Yuriko Koike, il nuovo ministro della difesa, succeduto ieri al dimissionario Fumio Kyuma, invitato caldamente a lasciare il Governo dopo le sue "scomode" affermazioni inerenti all'inevitabilità, o per meglio dire, alla necessità degli attacchi atomici statunitensi per la difesa giapponese dall'invasione sovietica.

Una dichiarazione che oltre ad aver fatto il giro del mondo, ha indignato l'intero Giappone e ha fatto crollare l'indice di gradimento popolare dell'attuale premier Shinzo Abe, già fortemente segnato da una serie di mezzi scandali e da un team di ministri inaffidabile in termini di rassicurante coordinazione politica: ripensiamo al suicidio del ministro dell'agricoltura con una lettera testamento indirizzata proprio ad Abe, le innumerevoli polemiche che hanno riacceso la questione sulle "comfort women", l'atteggiamento filostatunitense proiettato all'intesa per il riarmo giapponese e la creazione di uno scudo d'intercettazione missilistica per tutelarsi da Pyongyang, la linea di ferro assunta durante il dialogo del Six Party e lo stallo di Hanoi nelle trattative per il disarmo nucleare nordcoreano.

Sta di fatto che lo striminzito 30% di consenso popolare per l'attuale guida dell'LPD è crollato negli ultimi giorni al di sotto del 28%. Un'atmosfera pericolosa se consideriamo l'avvicinarsi dell'elezioni parlamentari per il rinnovo della Camera Alta previsto per il prossimo 29 di luglio.

Ed ecco che Abe corre ai ripari. E la risposta più opportuna a salvare la faccia sembra essere offerta dall'onorevole Koike, un vero e proprio "tecnico" in parlamento. La bella signora, difatti, d'ottima cultura, esperta delle dinamiche geopolitiche e d'intervento militare nel Medio Oriente, viaggiatrice convinta con una fluente conoscenza della lingua inglese ed araba è molto amata all'estero, sulla scena delle relazioni geopolitiche difatti, ha saputo distinguersi per l'alto livello di professionalità, per il coinvolgimento e la dedizione sul lavoro e per il carattere carismatico.

E' lo stesso osservatore del Japan Times, Eric Johnston a far notare oggi, nel profilo tracciato sul neoministro giapponese, quanto la popolarità di Koike all'estero, fra i circoli politici e diplomatici, la circondi di grande aspettative per un suo incarico addirittura nella guida del LPD, reso zoppo dalla linea Abe.

Ma in Giappone Koike è conosciuta per ben altro: è risaputo infatti il suo legame politico e di crescita ideologica all'interno dell'LPD fra le fila più conservatrici del partito. Basti pensare, difatti, al suo coinvolgimento con la destrosissima Nippon Kaigi, (Conferenza del Giappone), l'istituto para-politico di riforma nazionalista che comprende al suo interno oltre il 60% degli attuali parlamentari giapponesi, e che ha visto nella direzione, prime della sua entrata al governo, lo stesso Shinzo Abe.




lunedì 2 luglio 2007

Tankan Index Survey: Japanese Firms still optimistic


The quarterly Bank of Japan tankan survey of more than 10,000 companies showed the sentiment index for large manufacturers unchanged at 23. The index for big non-manufacturers, including services, remained at 22.

The results confirmed the government's view of a steadily-expanding economy, said Chief Cabinet Secretary Yasuhisa Shiozaki.

The bank last raised its benchmark interest rate in February, lifting it from 0.25% to 0.5%.

Many analysts believe the central bank will raise rates in August, after July's parliamentary elections.

Fiducia alla crescita economica giapponese
TOKYO: Le aziende giapponesi danno fiducia al mercato. E' quanto rivela l'indagine sull'andamento dell'indice Tankan appena diffusa e condotta, nell'ultimo mese di giugno, dalla suddivisione di ricerca economica della Banca Centrale del Giappone fra oltre 10.000 aziende. Fattori decisivi sono rappresentati dalla crescita generale dell'economia mondiale, la debolezza dello yen e l'accelerazione sul mercato delle aziende coinvolte nel giro d'affari per le esportazioni.

Stessa atmosfera anche dal settore dei servizi, generalmente più sfiduciato in confronto alle aziende impegnate nella produzione. Dati alla mano, il terziario pare sostenere il mercato giapponese con fiducia e stabilità nell'andamento dei titoli da oltre due mesi, mentre le aziende del settore produttivo sarebbero arrivate al quinto mese e in continua crescita per apporti d'investimento nel settore.




Potete leggere il seguito della mia analisi sull'articolo di oggi pubblicato nella sezione economica di Corriere Asia, al seguente link http://www.corriereasia.com/_var/news/DVPONYI-ESWEDPC-VFY.shtml

venerdì 29 giugno 2007

Tourism Competition in Asia: Japan, China, S. Korea to consider common transportation IC cards

The decision came during a meeting of tourism ministers which brought together Japanese Land, Infrastructure and Transport Minister Tetsuzo Fuyushiba, Chinese National Tourism Administration Director Shao Qiwei and South Korean Culture and Tourism Minister Kim Jung Min. Fuyushiba proposed unification of the three nations' different standards for public transportation IC cards. The three also agreed that their countries should jointly develop historic heritage tours and aim to attract foreign travelers to such events as the 2008 Beijing Olympics. "The three countries have long histories and common cultures and should jointly publicize such tourism resources," Fuyushiba told reporters after their meeting.
You can read my article published on Corriere Asia on the following link
http://www.corriereasia.com/_var/news/DVOPSRJ-ESWLLYJ-BJTH.shtml


Il turismo in Asia: Giappone, Cina e Corea uniti per promozione e facilitazioni

E' di ieri la notizia: riunitisi a Qingdao i ministri del turismo, infrastrutture e cultura di Cina, Giappone e Corea del sud hanno firmato un accordo che mira a promuovere l'accrescersi delle relazioni fra i tre Paesi per quanto concerne il mercato turistico.

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L'asia difatti pur presentando un panorama storico artistico dall'enorme attrattiva turistica e culturale conosce da sempre una serie di ostacoli nell'attuazione di una politica comune di promozione turistica. Trattasi di storici dissaporti, constrasti sociali e stereotipie culturali.

Coscienti però dell'occasione d'oro offerta dell'evento olimpico di Pechino 2008 quale trampolino di lancio per favorire l'accesso di massa di turisti non solo in Cina ma anche nei vicini partners asiatici, ecco che il ministro giapponese Tetsuzo Fuyushiba, la controparte cinese Shao Qiwei, e quella sud coreana Kim Jung Min hanno firmato un accordo che prevede l'attiva cooperazione nel facilitare gli accessi dei turisti da un Paese all'altro, fornendo loro una IC card Integrated circuit card in grado di permettere, solo attraverso un unico sistema integrato, l'utilizzo di tutta la rete di trasporti nazionali cinesi, giapponesi e sud coreani.