Do you remember? After Mattel scandal on security misures from chinese factory Lee Der with head office in Hong Kong, was the turn of another american toys company, from Ohio to recall chinese production for illegal manufecture details. Following my analisys published last month on Corriere Asia. In my article I have pointed out another series of considerations about political involving on illegal "Made in China". It sounded interesting call attention to the influence of USA political election atmosphere on this situation that it will be very critical for international business establishment if relations'll be continue on this way. Here you are my comment. English version available upon request.
Ennesimo blocco USA al Made in China: "trottole colorate a rischio". Da Pechino l'accusa di violazione statunitense alle norme WTO.
PECHINO: La notizia è di stamani: ennesimo blocco alle importazioni di giocattoli provenienti dalla Cina. Il sospetto è sempre lo stesso e verte sulla pericolosità data dall'utilizzo di materiali nocivi per la fabbricazione dei prodotti destinati al divertimento dei più piccoli e in particolar modo per la composizione chimica dei colori utilizzati nei rivestimenti.
Dopo il caso Mattel l'allarme rosso sembra essersi diffuso sulle importazioni Made in China di tutto il mondo, in particolar modo negli States, dove su incitamento del senatore democratico Dick Durbin, sembra essere partita una vera e propria caccia al "prodotto cinese", una gara allo smascheramento d'imperfezioni, contraffazioni, utilizzo d'agenti chimici pericolosi e a basso costo.
Pechino si difende rispondendo che di tutta la colossale produzione proveniente dai confini della Repubblica Popolare, solo una piccolissima percentuale risulta "fuori norma" e continua a giudicare insensato e controproducente per la salute delle relazioni commerciali fra i due Paesi, un atteggiamento di tale accanimento verso importazioni che da anni ormai fanno la fortuna di veri e propri colossi americani.
Ma il gioco mediatico rimbalza, la campagna elettorale statunitense si arricchisce con nuova carne al fuoco e di "nuovi uomini neri", come il nostro opinionista Marco Wong ha definito nei giorni scorsi l'immagine del produttore di giocattoli cinese secondo quanto filtrato dall'allarmismo del sistema d'informazione globale. E come la storia ben ci insegna, dove ci sono uomini neri si allineano presto fila e fila di "paladini", che dal silenzio del tempo si affrettano a dare inizio alla battaglia.
Sta di fatto che oggi è la Martin Designs and Schyllings Associates, fabbrica di giocattoli dell'Ohio a "rispedire" in Cina oltre 300.000 pezzi, subito dopo la notizia del blocco totale da parte di Mattel di circa 18,5 milioni di prodotti. Sotto inchiesta sarebbero cadute migliaia di "trottole" colorate distribuite dall'azienda negli USA. La questione risulta però più delicata se si tiene conto che tale prodotto è in commercio già dal 2001 insieme ad altri quaderni e diari per bambini venduti con grande successo di vendita già dal 2006. Viene naturale chiedersi come mai fino ad oggi, a distanza di oltre cinque anni dalla messa in commercio dei primi prodotti nessuno si sia interessato, né fra i produttori cinesi né tanto meno fra gli importatori americani, di vagliare con attenzione l'attendibilità e la sicurezza dei componenti usati.
Il rischio però è che la situazione degeneri in un sistema di sfiducia collettiva nel marchio cinese e nel rigetto all'acquisto di tutto ciò che sia etichettato con "Made in China", binomio dalla pericolosità, per l'andamento commerciale internazionale, di altissimo livello.
Di poche ora fa, poi, è la notizia che sembra fare da contrappeso al blocco statunitense nei confronti dei giocattoli cinesi: il Ministero del Commercio cinese, nella personalità del vice ministro, Gao Hucheng mette sotto inchiesta il protezionismo americano, accusando come illegali le misure anti-subsidy e antidumping avviate sulle importazioni di beni cinesi. Nella conferenza stampa che si è tenuta nella mattinata di oggi, Gao Hucheng ha segnalato, di fronte ai media cinesi e internazionali, la violazione delle norme del WTO da parte degli USA nella doppia tassazione ai prodotti cinesi.
Sotto accusa sarebbero cadute la serie di misure protezionistiche intraprese dagli USA da Novembre ad oggi, consistenti in un doppio sistema di tassazione sui beni importati (antidumping e antisubsidy appunto), forma protezionistica condannata dalla normativa sottoscritta dagli Stati aderenti all'Organizzazione Mondiale del Commercio. La Cina, inoltre, mette sotto accusa l'accanimento statunitense nelle indagini avviate sulle massicce importazioni di carta, tubi d'acciaio e materiale pneumatico provenienti dalla Repubblica Popolare, con l'intento di condizionare e di rallentare l'andamento in continua crescita delle esportazioni cinesi sul mercato mondiale.
Dopo il caso Mattel l'allarme rosso sembra essersi diffuso sulle importazioni Made in China di tutto il mondo, in particolar modo negli States, dove su incitamento del senatore democratico Dick Durbin, sembra essere partita una vera e propria caccia al "prodotto cinese", una gara allo smascheramento d'imperfezioni, contraffazioni, utilizzo d'agenti chimici pericolosi e a basso costo.
Pechino si difende rispondendo che di tutta la colossale produzione proveniente dai confini della Repubblica Popolare, solo una piccolissima percentuale risulta "fuori norma" e continua a giudicare insensato e controproducente per la salute delle relazioni commerciali fra i due Paesi, un atteggiamento di tale accanimento verso importazioni che da anni ormai fanno la fortuna di veri e propri colossi americani.
Ma il gioco mediatico rimbalza, la campagna elettorale statunitense si arricchisce con nuova carne al fuoco e di "nuovi uomini neri", come il nostro opinionista Marco Wong ha definito nei giorni scorsi l'immagine del produttore di giocattoli cinese secondo quanto filtrato dall'allarmismo del sistema d'informazione globale. E come la storia ben ci insegna, dove ci sono uomini neri si allineano presto fila e fila di "paladini", che dal silenzio del tempo si affrettano a dare inizio alla battaglia.
Sta di fatto che oggi è la Martin Designs and Schyllings Associates, fabbrica di giocattoli dell'Ohio a "rispedire" in Cina oltre 300.000 pezzi, subito dopo la notizia del blocco totale da parte di Mattel di circa 18,5 milioni di prodotti. Sotto inchiesta sarebbero cadute migliaia di "trottole" colorate distribuite dall'azienda negli USA. La questione risulta però più delicata se si tiene conto che tale prodotto è in commercio già dal 2001 insieme ad altri quaderni e diari per bambini venduti con grande successo di vendita già dal 2006. Viene naturale chiedersi come mai fino ad oggi, a distanza di oltre cinque anni dalla messa in commercio dei primi prodotti nessuno si sia interessato, né fra i produttori cinesi né tanto meno fra gli importatori americani, di vagliare con attenzione l'attendibilità e la sicurezza dei componenti usati.
Il rischio però è che la situazione degeneri in un sistema di sfiducia collettiva nel marchio cinese e nel rigetto all'acquisto di tutto ciò che sia etichettato con "Made in China", binomio dalla pericolosità, per l'andamento commerciale internazionale, di altissimo livello.
Di poche ora fa, poi, è la notizia che sembra fare da contrappeso al blocco statunitense nei confronti dei giocattoli cinesi: il Ministero del Commercio cinese, nella personalità del vice ministro, Gao Hucheng mette sotto inchiesta il protezionismo americano, accusando come illegali le misure anti-subsidy e antidumping avviate sulle importazioni di beni cinesi. Nella conferenza stampa che si è tenuta nella mattinata di oggi, Gao Hucheng ha segnalato, di fronte ai media cinesi e internazionali, la violazione delle norme del WTO da parte degli USA nella doppia tassazione ai prodotti cinesi.
Sotto accusa sarebbero cadute la serie di misure protezionistiche intraprese dagli USA da Novembre ad oggi, consistenti in un doppio sistema di tassazione sui beni importati (antidumping e antisubsidy appunto), forma protezionistica condannata dalla normativa sottoscritta dagli Stati aderenti all'Organizzazione Mondiale del Commercio. La Cina, inoltre, mette sotto accusa l'accanimento statunitense nelle indagini avviate sulle massicce importazioni di carta, tubi d'acciaio e materiale pneumatico provenienti dalla Repubblica Popolare, con l'intento di condizionare e di rallentare l'andamento in continua crescita delle esportazioni cinesi sul mercato mondiale.
Ecco, perciò, che il dialogo commerciale fra USA e Cina sembra conoscere, in queste ultime settimane, un momento di accanimento e di tensione che non giova alla salute dei mercati fra le due potenze. Gli USA difatti conoscono ormai una dipendenza commerciale molto forte dal dragone cinese, che nel prossimo anno dovrebbe addirittura superare, per volume d'esportazione in USA, il vicino Giappone, da sempre partner numero uno degli States sull'andamento della bilancia commerciale. Dall'altra parte, poi, la Cina ha visto arrestarsi negli ultimi giorni la produzione di centinaia di aziende di giocattoli situate nelle regioni del sud, con un crescente allarmismo e danno sociale. Un'atmosfera, quindi, che non sembra giovare a nessuna delle due economie.
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