ASIAN STUDIES GROUP

mercoledì 19 marzo 2008

Crisi tibetana. Il premier cinese: nessun dialogo con chi strumentalizza la pace. Ultimatum scaduto


PECHINO: Durissime le parole del premier cinese Wen Jiabao scagliate contro il Dalai Lama e i monaci separatisti. Pechino riafferma l'intento di boicottaggio dei Giochi Olimpici, ma come prevedibile, non accetta alcuna forma di dialogo con il capo della comunità tibetana e sottolinea come solo un passo indietro sulla richiesta d'indipendenza potrà garantire il ritorno alla negoziazione in maniera pacifica.
Il primo ministro cinese è rigoroso e allineato con quanto affermato ieri del governatore del Tibet. Il Partito rimane compatto e rinnega qualsiasi accusa di "genocidio culturale" ed è lo stesso primo ministro cinese a incolpare i rivoltosi per i continui atti di vandalismo, ruberie e violenza.

Provocatoriamente dalle fila del partito si alza una critica aspra, mettendo in luce l'inconsistenza di una rivolta per nulla "pacifica", avvalorata da decine di incendi a danno delle strutture commerciali cinesi che, come Wen Jiabao ricorda, rappresentano il motore economico del Tibet e fonte di lavoro per la stessa popolazione locale.

"L'atteggiamento di accanimento e di devastazione" prosegue Wen "dimostra quanto il tono pacato e di dialogo pacifico iniziato dal Dalai Lama sia in realtà menzognero e fomentatore di atti vandalici, pericolosi nei confronti della stessa società civile, coinvolgendo anche i tibetani più pacifici e trascinandoli in una spirale di odio e di inconsapevolezza". La riflessione di Pechino prosegue "se davvero i tibetani cercassero il dialogo, non credete che il loro capo spirituale dovrebbe arrestare questa rivolta aggressiva che di fatto sta conducendo la società civile alla propria condanna?"

Il primo ministro cinese sottolinea come la Cina ha ormai concluso enormi operazioni di investimento economico e infrastrutturale sul Tibet, in quella "marcia ad Occidente" che avrebbe portato alla valorizzazione del west continentale.

Fra le tesi appoggiate dai sostenitori della linea cinese vi è il miglioramento delle condizioni di vita dei civili e il riscatto comunista della popolazione tibetana relegata ad uno stadio di dipendenza feudale dalla casta monacale. I cinesi rinnegano l'accusa di "genocidio culturale" sottolineando i tentativi di preservazione dello studio della lingua tibetana durante gli anni della scuola elementare e media.

Non a caso, secondo i quadri cinesi, la rivolta sarebbe partita e manipolata in un periodo strategicamente funzionale ad un'indipendenza di "valore" con il grande complesso ferroviario che collega il capoluogo del Tibet con Pechino già perfettamente funzionante, una realtà commerciale interna piuttosto sviluppata, un sistema turistico avviato e implementato che attira migliaia di cinesi e stranieri ogni anno... Riflessioni che ai sostenitori del Tibet Libero paiono vere e proprie provocazioni ma che attualmente corrispondono ad un quadro di riferimento concreto.

Il punto di scontro spesso confuso anche da diversi ambiti mediatici politicamente più o meno allineati, riguarda la questione della storica "annessione" del Tibet al territorio cinese. Il Dalai Lama fa riferimento al 1959 anno critico che comportò la fuga della guida spirituale dal territorio tibetano, ma sono i sinologi stessi a correggere il tiro e a confermare il rapporto di contatto, scambio e per certi aspetti dipendenza del Tibet dalla "cultura han" addirittura da secoli e secoli prima.

Al di là delle provocazioni, della strumentalizzazione mediatica o non, pressioni di lobby o meno, la realtà è che le truppe cinesi hanno preso controllo armato di tutte le maggiori strade, punti di accesso alla città e Lhasa è ormai divenuta un centro blindato.

Le Olimpiadi si faranno, è questa la linea comune appoggiata da Cina, Europa e comunità internazionale. Ma sono ormai numerose le voci che considerano come assolutamente inconciliabile il clima di rivolta e di disperazione che coinvolge diverse province cinesi con il messaggio di pace e condivisione che le Olimpiadi dovrebbero condurre attraverso il loro svolgersi...

Paolo Cacciato
Corriere Asia Editor

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